Dal terzo discorso di Mosè – Dt 30,15-20

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Letture: Dt 30,15-20 / Sal 1 / Lc 9,22-25

Traiamo spunto per meditare dalla prima lettura. Dopo gli avvenimenti seguiti alla liberazione dalla schiavitù dell’Egitto (raccontati in Esodo e Numeri), la pagina proposta dal libro del Deuteronomio riferisce di uno dei discorsi di Mosè al termine della peregrinazione nel deserto. Il popolo si trova alle steppe di Moab, di fronte alla terra promessa.

Con uno stile fortemente esortativo, Mosè invita il popolo a seguire la legge. Non si tratta, con questo termine, di una serie di norme come siamo abituati noi a considerare – ad esempio – un codice civile. Si tratta piuttosto di prescrizioni che si comprendono nel contesto degli avvenimenti in cui sono inserite. Sono le norme dell’alleanza con Dio, rette da quell’avvenimento di redenzione che fu la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto. Il sottofondo dell’esortazione è in fondo questo: se vuoi rimanere nella libertà che il Signore tuo Dio ti ha guadagnato, ricorda queste norme e rispettale. Ne va della tua vita.

Il lettore di questa pagina è coinvolto esattamente come il popolo di Israele.

L’invito è quindi duplice. Da un lato, ricordare. Ricordare il nostro passato, come singoli e come comunità. Noi siamo storia. La nostra esistenza non si gioca come i videogame nello stile “esci e riaccendi”. Il nostro passato gioca un ruolo molto grande in noi. Nel bene e nel male. Per questo occorre ricordare come siamo vissuti. Ma soprattutto, ricordare con quale misericordia Dio ci ha accompagnati fin qui. Solo chi ha radici in acque limpide – ricorda il salmo – produce frutti.

Dall’altro lato, l’invito è quello di soppesare nel cuore quella legge di Dio che sono i Dieci Comandamenti. Essi non solo proteggono e promuovono ciascuno un valore, ma sono una via alla vita, perché Dio è il bene. Seguirli può essere faticoso, ma non sbagliato. Lo prova in modo capovolto il mondo che si crea quando non si rispettano. E se non viene subito il coraggio, occorre pregare: per avere sempre in mente che ≪chi perderà la propria vita per causa mia – dice Gesù – la salverà≫.

d. Fabrizio