Lamento di Geremia – Ger 18,18-20

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Ger 18,18-20

[I nemici del profeta] dissero: «Venite e tramiamo insidie contro Geremìa, perché la legge non verrà meno ai sacerdoti, né il consiglio ai saggi né la parola ai profeti. Venite, ostacoliamolo quando parla,  non badiamo a tutte le sue parole».
 
Prestami ascolto, Signore,
e odi la voce di chi è in lite con me.
Si rende forse male per bene?
Hanno scavato per me una fossa.
Ricòrdati quando mi presentavo a te,
per parlare in loro favore,
per stornare da loro la tua ira.

 

Il testo presenta una delle cosiddette ‘confessioni’ di Geremia (le altre in: Ger 11,18-20; 12,1-6; 15,10-21; 17,14-18; 20,7-18). Si tratta di lamenti di un “io” non ben definito (il profeta, ma anche ogni uomo pio) e rappresentano una vera e propria preghiera. Si tratta di un colloquio vivo, giocato nel cuore, tra la persona e Dio.

È presentata da un lato la malizia dei cattivi. Essi ostacolano e infieriscono. È un’acuta descrizione del male: malvagio non è colui che si oppone (un buon amico a volte lo deve fare), ma colui che vuol far cadere. Colui che trama – spesso dissimulando le intenzioni – per colpire nel momento della debolezza. È il ritratto della cattiveria gratuita, interessata a squalificare la verità e la rettitudine.

Dall’altro lato, è descritto il lamento del sofferente, che – cosa davvero importante – si rivolge a Dio. Non discute con i malvagi, ma ne parla con il Signore. Non nasconde l’amarezza per essere stato fatto oggetto di tanto male. Ed è come se chiedesse perché costa tanto sacrificio essere fedeli a Dio, che è il bene.

Viene in mente la scena di Gesù nell’orto degli ulivi. Vengono in mente molti perseguitati a causa della fede. Fatti oggetto di persecuzioni più o meno sottili. Chiediamo la solidarietà con chi soffre ingiustamente e facciamo nostra la preghiera rivolta a Dio: specchiarci in Lui non solo consola, quando ce n’è bisogno, ma guarisce. Perché il suo amore – che non è rassegnazione, ma è ≪forte come la morte≫ (Ct) – ha l’ultima parola della giustizia e del bene.

d. Fabrizio