Ritorno effimero al Signore – Os 6,1-6

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Os 6,1-6

«Venite, ritorniamo al Signore:
egli ci ha straziato ed egli ci guarirà.
Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà.
Dopo due giorni ci ridarà la vita
e il terzo ci farà rialzare,
e noi vivremo alla sua presenza.
Affrettiamoci a conoscere il Signore,
la sua venuta è sicura come l’aurora.
Verrà a noi come la pioggia d’autunno,
come la pioggia di primavera che feconda la terra».
 
Che dovrò fare per te, Èfraim,
che dovrò fare per te, Giuda?
Il vostro amore è come una nube del mattino,
come la rugiada che all’alba svanisce.
Per questo li ho abbattuti per mezzo dei profeti,
li ho uccisi con le parole della mia bocca
e il mio giudizio sorge come la luce:
poiché voglio l’amore e non il sacrificio,
la conoscenza di Dio più degli olocàusti.


Il brano è tratto dal Libro del profeta Osea. Per il contesto generale, si ricordi quanto scritto ieri.

Per il contesto specifico, occorre invece avere la pazienza di abbracciare con uno sguardo anche il testo del capitolo precedente (Os 5). Le parole di pentimento con cui inizia il brano, infatti, che cantano la speranza di un felice ritorno a Dio da parte di popoli ingiusti, suscitano proprio in Dio una dura reazione. Si tratta – ecco il punto – di parole belle ma vuote, nate per la paura di un castigo e che hanno destato un ritorno solo momentaneo, non accompagnato da una vera conversione del cuore. La verità è così la chiave per comprendere la giustizia di Dio: essa ferisce chi è falso ma anche può guarire chi umilmente l’accoglie.

Suggerisco due pensieri per accompagnare la preghiera.

Il brano è un invito a riflettere sulla coerenza e ad esaminarsi su di essa davanti a Dio. Coerenza come contrario della doppiezza e delle bugie, con cui sappiamo spesso ingannare il nostro stesso cuore, soprattutto quando presi dai lacci della tentazione. Coerenza come conversione e non, banalmente, immacolatezza: santo non è colui che non pecca mai, ma colui che si converte e si allontana dai propri vizi. Coerenza come impegno, che si traduce in azioni concrete. Ma anche, prima di tutto, coerenza che si traduce in scelte del cuore, da cui le azioni concrete seguono con naturalezza. Su questo punto occorre sostare: molte battaglie vere si giocano nell’intimo e pochi sanno leggere le fatiche di una coscienza che si sforza di raggiungere obiettivi piccoli (agli occhi dei più) ma che sembrano insormontabili (per chi li deve affrontare). Le pagelle dei ragazzi, con i loro sei slavati o brillanti a seconda dell’impegno con cui hanno studiato, aiutano a capire.

Dio è giusto: è una delle affermazioni costanti dell’Antico Testamento e uno dei titoli di maggior rilievo con cui descriverlo. Non si tratta, beninteso, di quella giustizia vendicativa alla quale siamo inclini quando invochiamo interventi per i torti subìti, ma della giustizia che dà a ciascuno il suo e che solo Dio – che conosce ogni cosa, ogni persona e ogni soluzione – può veramente fare. La giustizia è un attributo di Dio, non nostro, e va ricevuta come un dono. S. Paolo (si veda la Lettera ai Romani) ne parlerà come di giustificazione: l’azione con cui Dio rende giusto il peccatore rigenerandolo a vita nuova.

La giustizia non è sempre indolore e per agire come medicina può richiedere sacrificio. A questo proposito merita ricordare – quando siamo tentati di fermarci alle apparenze – che non sempre chi ti tira fuori dal fango lo fa perché ti vuole bene, così come non sempre chi ti getta nel fango lo fa perché ti vuole male.

Molto invocata quando ci sentiamo offesi, la giustizia è anche molto temuta, ma anche poco considerata quando le cose girano bene e ci si sente sufficientemente forti per non badare ai divieti (godendo di libertà che sono spesso capricci). Sapere che Dio è giusto e a Lui si renderà conto della propria vita può così suscitare fastidio, e spingere a rimandare sempre più avanti la conversione. È un azzardo, ovviamente, perché nessuno può contare i giorni della propria vita (Sal 90[89],12). E tuttavia questa giustizia di Dio è anche una consolazione: avere la certezza che Dio alla fine metterà ordine in ogni cosa, anche in quelle in cui noi non siamo riusciti o che hanno soppiantato i nostri piani, è una speranza di grande consolazione. Soprattutto, se si ha chiaro nel cuore che il giusto giudice dei vivi e dei morti sarà quel Gesù del Vangelo, Figlio di Dio e nostro fratello, che è capace di miracoli e ci ama più della vita.

don Fabrizio