La statua d’oro e la fornace ardente – Dn 3,14–20.46–50.91–92.95

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Dal libro del profeta Daniele
Dn 3,14–20.46–50.91–92.95

In quei giorni il re Nabucodònosor disse: «È vero, Sadrac, Mesac e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d’oro che io ho fatto erigere? Ora se voi, quando udrete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell’arpa, del salterio, della zampogna e di ogni specie di strumenti musicali, sarete pronti a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatto, bene; altrimenti, in quel medesimo istante, sarete gettati in mezzo a una fornace di fuoco ardente. Quale dio vi potrà liberare dalla mia mano?».
 
Ma Sadrac, Mesac e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: «Noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito; sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto».
 
Allora Nabucodònosor fu pieno d’ira e il suo aspetto si alterò nei confronti di Sadrac, Mesac e Abdènego, e ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito. Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadrac, Mesac e Abdènego e gettarli nella fornace di fuoco ardente.
 
I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti. La fiamma si alzava quarantanove cùbiti sopra la fornace e uscendo bruciò quei Caldèi che si trovavano vicino alla fornace. Ma l’angelo del Signore, che era sceso con Azarìa e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco della fornace e rese l’interno della fornace come se vi soffiasse dentro un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.
 
Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: «Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?». «Certo, o re», risposero. Egli soggiunse: «Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell’aspetto a un figlio di dèi».
 
Nabucodònosor prese a dire: «Benedetto il Dio di Sadrac, Mesac e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio all’infuori del loro Dio».


Dell’episodio ho già parlato qui: Nabucodonosor, re di Babilonia, aveva fatto erigere una statua d’oro nel centro del regno, e aveva preteso che tutti i sudditi l’adorassero. Si trattava di una statua raffigurante il dio Marduk (o il re stesso, che si credeva suo rappresentante). Quello che veniva richiesto non era un semplice omaggio, ma un vero culto, imposto dallo Stato per dimostrare la propria autorità. Si trattava di un peccato di idolatria grave, istigato in modo da pervertire il timor di Dio e rendere i simulacri una manifestazione del potere politico.

La scena si svolge in tre momenti: il primo è quello del brano appena letto; il secondo è la preghiera di Azaria e il terzo è la felice conclusione della vicenda, che mostra l’intervento della provvidenza che salva i giovani e aiuta i pagani a riconoscere che Dio è ≪l‘Altissimo≫ sopra tutti gli dèi.

Per la preghiera può essere utile badare a due particolari.

Il primo: i giovani non hanno bisogno di un miracolo per credere alla potenza di Dio, ma si preoccupano solo di seguirne la volontà, che è il bene. Dio li potrà liberare, oppure anche no. E a loro non importa: perché la loro preghiera non è un ricatto (≪Signore aiutami, altrimenti vado via da Te…≫), ma confidenza. La loro reazione al re Nabucodonosor mostra le convinzioni che hanno maturato nella vita. Specchiarsi in esse può aiutare a misurare la serietà delle nostre. E mostrare se si coltivano fede o solo opinioni.

Secondo particolare: il Dio sperimentato come guida della storia si rivela operatore di prodigi. A differenza degli dèi pagani, lontani e assenti (e quasi sempre raffigurati come dediti a capricci umani), Dio è invece presente nel quotidiano. Egli interviene per la causa del giusto e si rivela ≪degno di lode≫. Sotto questo profilo, merita osservare un dato importante: l’obiezione per cui se esiste il male allora Dio non c’è (e se c’è, se ne disinteressa) è solo espressione di rabbia e non di verità. Non solo perché va contro l’evidenza del Vangelo e della testimonianza di tutti i santi, ma soprattutto perché è facile fermarla con l’obiezione opposta: come si spiega il bene che c’è? Come si spiegano gli atti di eroismo e di generosità a cui abbiamo assistito così tante volte nella vita? Solo incidenti del caso? Hanno solo una spiegazione molecolare? I sacrifici per amore del prossimo sono solo frutti di un metabolismo biochimico di corpi? Esiste una pillola  che può far diventare buoni? Se non c’è un senso della vita, perché avere una morale? Sostare su queste domande (e se ne potrebbero formulare molte altre) non risolve certo il problema del male, ma permette di vederlo sotto un’altra prospettiva. E soprattutto di collocarsi nella giusta posizione per contemplare la croce di Gesù a Pasqua: in ginocchio.

d. Fabrizio